LE 5 CONVINZIONI DI BASE

LE 5 CONVINZIONI DI BASE - Convinzioni e Credenze

Abbiamo moltissime convinzioni limitanti, ma alcune di esse sono più depotenzianti di altre, perché sono ‘di base’ e forniscono dei presupposti distorti su cui altre convinzioni si vanno a imprimere. È fondamentale estirparle dalla nostra mente e dal nostro inconscio. 

Anche se non ne siamo consapevoli, queste convinzioni tendono a vanificare qualsiasi lavoro intraprendiamo su di noi. Inoltre, sono spesso le principali responsabili dei nostri sabotaggi e del mancato raggiungimento dei nostri obiettivi. Potremmo dire che sono alla radice della nostra infelicità. Trasformare queste convinzioni di base è fondamentale se vogliamo dare una reale svolta alla nostra vita. Per questo dobbiamo cambiarle prima di altre. Vediamole. 

LA PRIMA CONVINZIONE LIMITANTE

Indipendentemente da come le convinzioni si siano formate e da chi abbia contribuito a far sì che le facessimo nostre, arriviamo tutti alla stessa dolorosa conclusione: “Così come sono non vado bene, dovrei essere diverso, migliore”, in altre parole...


Non sono come dovrei essere

Non importa in quale ambiente nasciamo, o quali educatori abbiamo, o, ancora, come sia il nostro carattere: questa prima convinzione appartiene nel profondo a ognuno di noi.

Per porre rimedio a quella che noi crediamo una realtà ineluttabile – e cioè che così come siamo non andiamo bene – ancora piccoli cerchiamo di modificarci, nel tentativo di compiacere le persone a noi care. Nel timore di deludere le loro aspettative e perdere il loro amore, cerchiamo di modellarci sui loro desideri, soffocando alcuni aspetti del nostro carattere ed esaltandone altri. 
Anno dopo anno perdiamo la nostra integrità senza neppure accorgercene e, una volta adulti, siamo già molto lontani dalla nostra matrice originaria. 

La convinzione “Non sono come dovrei essere” si accompagna a un’altra, molto simile, altrettanto dolorosa:

 

Non sono abbastanza

Non sono abbastanza cosa? La lista è ampia, e varia da persona a persona, ma la costante resta il “non abbastanza”: “Non sono abbastanza colto”“Non sono abbastanza simpatico”,“Non sono abbastanza bella o magra”“Non sono abbastanza intelligente”“Non sono abbastanza sveglio e pronto”“Non sono abbastanza bravo”“Non sono abbastanza sicuro di me”“Non sono abbastanza spigliato” e così via, fino ad abbracciare la maggior parte degli aggettivi del nostro vocabolario. 

Per poterci sentire adeguati indossiamo una maschera che mostri al mondo un’immagine ‘migliore’ di quello che crediamo di essere, ma intimamente sappiamo di non corrispondere a quell’immagine: ci sentiamo così degli impostori, e temiamo che gli altri ci possano vedere per quello che siamo, con tutte le nostre fragilità. 

Per evitare che ciò accada investiamo sulla maschera, per renderla più gradevole possibile, e abbandoniamo noi stessi alla deriva. Non deve stupirci se poi non ci sentiamo credibili, mentre si fa strada un’altra variante della prima convinzione di base:

 

Sono un bluff

Sentirsi un bluff è una sensazione piuttosto diffusa. Partiamo dalla convinzione di non essere abbastanza, crediamo che dovremmo essere meglio e di più, quindi indossiamo una maschera per cercare di mostrare al mondo quello che invece intimamente pensiamo di non essere. Una volta indossata la maschera della falsa adeguatezza ci sentiamo un bluff e la nostra autostima diminuisce a vista d’occhio. Dentro di noi sappiamo che stiamo raccontando al mondo e a noi stessi una storia falsa su chi siamo e cosa facciamo, credendo che se gli altri ci vedessero per quello che siamo davvero ci disprezzerebbero. 

In realtà questo ‘film’ è solo nella nostra mente e nasce proprio dalla falsa credenza che dovremmo essere ‘diversi’ e ‘migliori’. La sfida sta proprio nell’abbandonare questa convinzione in favore della consapevolezza che siamo abbastanza così come siamo, che non dobbiamo né mascherarci, né atteggiarci in modo diverso. 

La consapevolezza con cui sostituire la convinzione limitante che che non siamo come dovremmo essere, che non siamo abbastanza o che siamo un bluff, è questa: Sono quel che sono e questo è abbastanza.

LA SECONDA CONVINZIONE LIMITANTE

Nel corso degli anni abbiamo sviluppato una personalità che poi, col tempo, abbiamo confuso per noi stessi, per ciò che siamo veramente. E spesso questo ha ben poco a che fare con la personalità che abbiamo acquisito. Viviamo nell’illusione di essere come ci percepiamo, mentre siamo molto di più di questo: possiamo entrare in contatto con le nostre vere potenzialità solo quando ci liberiamo dall’idea preconcetta che ci siamo fatti di noi. 

Se comprenderemo che gli aspetti che abbiamo sviluppato della nostra personalità sono solo alcuni, e non tutti quelli che ci appartengono, allora potremo svilupparne altri, più consoni ai nostri desideri. Non si tratta di rinnegare ciò che conosciamo di noi, si tratta piuttosto di lasciare spazio a forme espressive che abbiamo soffocato, spesso senza rendercene conto. 
Perché una volta che ci formiamo un’idea di noi stessi, e quindi una serie di convinzioni su come siamo, questa tende a mantenersi stabile nel tempo, creando la nostra seconda convinzione limitante di base.

Io sono fatto così

Se credo di essere in un certo modo, la mia convinzione mi impedirà di vivere le altre sfumature della mia personalità, della mia capacità espressiva. Se fossimo vissuti in un contesto differente avremmo una percezione diversa anche di noi stessi. Non si tratta qui di entrare nel merito del contesto nel quale siamo vissuti, né tantomeno di dare la ‘colpa’ a esso per le nostre difficoltà. Il messaggio da cogliere è quello che in qualsiasi momento possiamo creare un contesto costruttivo per noi stessi attraverso le nostre convinzioni. 

Non siamo “fatti così”. Ci sono molti nostri aspetti che possiamo cambiare in meglio, ci sono limiti che non abbiamo mai realmente avuto, ma che continuiamo a portarci dietro credendoli veri. Possiamo essere molto di più di ciò che stiamo esprimendo di noi. 
Anche se abbiamo la sensazione di essere sempre uguali, siamo in realtà in una perenne evoluzione nella quale, pur se inconsapevolmente, creiamo noi stessi continuamente. Questo costante cambiamento può diventare un alleato o un nemico: alleato se impareremo a cambiare costruttivamente, nemico se cristallizzeremo vecchi aspetti di noi ormai obsoleti. 
Il nostro compito è divenire, non restare immobili. Divenire vuol dire crescere, e crescere significa lasciarsi alle spalle ciò che sentiamo non rispecchiarci più per acquisire nuove forme espressive più consone alla nostra natura profonda. 
La consapevolezza con cui sostituire la convinzione limitante di essere ‘fatti così’ è questa:Sono in continuo divenire e ho il potere di cambiare.

LA TERZA CONVINZIONE LIMITANTE

Ci è stato ripetuto per secoli che esiste un mondo oggettivo, uguale per tutti, un unico mondo. Questa opinione è talmente radicata in noi da non essere mai messa in discussione. Tuttavia è falsa, poiché ognuno di noi vede le cose attraverso il filtro delle proprie lenti percettive. Non esiste un’unica verità. Ne esistono molte. Ognuno ha la sua propria verità e ogni persona vive nel mondo che essa stessa si è creata con il suo pensiero. 

Quella che crediamo essere la realtà oggettiva è sempre un prodotto filtrato dal nostro personale sistema di convinzioni. Le credenze limitanti ci impediscono di vedere le nostre potenzialità, ci rendono soggetti passivi e ci fanno sentire schiavi di una realtà immutabile nei confronti della quale non possiamo che sentirci impotenti. 
Proprio come crediamo di ‘essere così’, allo stesso modo crediamo che anche la realtà ‘sia così’, dando luogo alla terza convinzione limitante.

 

La realtà che vedo è oggettiva

Condividiamo lo stesso mondo solo in apparenza, ognuno di noi vive all’interno del suo schema di riferimenti che è diverso da quello di tutti gli altri. Anche se potremo scoprire di avere molto in comune con altre persone, la verità è che siamo unici e quindi, in un certo senso, soli nel nostro mondo. 

Se osserviamo le nostre discussioni, noteremo che gran parte delle volte queste sono dovute alla convinzione che la realtà che vediamo sia oggettiva, mentre consideriamo l’altra persona cieca, o con un punto di vista insensato e non condivisibile, e quando questo punto di vista è troppo lontano dal nostro lo reputiamo assurdo. 

Quando comprendiamo che, in un certo senso, nessuno condivide lo stesso mondo, poiché non può condividere la stessa percezione, che è per sua natura soggettiva, rinunciamo a credere che la realtà che vediamo sia quella ‘giusta’, e impariamo a dare spazio ai punti di vista altrui. Questo non significa cambiare il nostro, ma neppure costringere l’altro a vedere con i nostri occhi. 

Dobbiamo uscire dalla logica torto-ragione: esiste solo una varietà di modi di percepire la realtà che è anche la nostra ricchezza come esseri umani. Se facciamo nostra questa semplice consapevolezza, con ogni probabilità le nostre relazioni miglioreranno di molto, diventando più armoniose. 

La consapevolezza con cui sostituire la convinzione limitante che la realtà che vediamo sia oggettiva è questa: La realtà che vedo rispecchia le mie convinzioni.

LA QUARTA CONVINZIONE LIMITANTE

Anche se ci sforziamo di cambiare le cose fuori di noi, il nostro più grande potere è quello di cambiarle dentro. Quando smettiamo di pensare che siano gli altri o le circostanze esterne a causarci problemi, ci troviamo di fronte alle nostre responsabilità, e ci riappropriamo del nostro potere personale. 

Guardare fuori è sempre un enorme dispendio di energie, anche perché i comportamenti altrui esulano dal nostro controllo. La maggior parte dei tentativi che facciamo per cambiare gli altri sono destinati a essere vani. 

Ma la vera domanda che dovremmo porci è questa: sono disposto a lasciare andare la convinzione che se ho problemi è per colpa di persone o circostanze esterne? Se non siamo disposti a lasciare la storia che ci raccontiamo, e cioè che i nostri problemi derivano dall’esterno, è perché siamo schiavi di un’altra pesante convinzione di base.

 

La felicità dipende dalle circostanze esterne

Ci sembra del tutto normale lamentarci della vita quando le cose vanno diversamente da come vorremmo e individuare nelle circostanze esterne la causa della nostra infelicità. Ma questo diventa anche un pericoloso alibi che ci impedisce di prendere in mano la situazione e di cambiarla. Non si tratta qui di negare che ci possano essere problemi oggettivi, ma di capire, in tutta umiltà, se in qualche modo questi problemi siano diventati in parte anche dei pretesti per non prendere la vita nelle nostre mani.

Se penso che la mia infelicità dipenda dall’esterno, cioè se credo di essere infelice perché “il mio partner non mi capisce”, se mi sento irrealizzato sul lavoro perché “vengo sottovalutato”, o perché “non mi sono capitate le giuste opportunità”, allora sono davvero fuori strada. 

Vivere serenamente è una scelta, non è qualcosa che accade per via delle condizioni esterne. È una scelta che prescinde da qualsiasi condizione. La pace interiore è lo stato che possiamo raggiungere solo quando risparmiamo tutta l’energia che sprechiamo nel tentativo di cambiare l’esterno e gli altri e la utilizziamo per vivere pienamente ciò che è, così com’è. 
Un’altra variante della quarta convinzione è la seguente.

 

Potrò essere felice in futuro

Potrò cioè essere felice quando si manifesteranno condizioni più favorevoli. 

In giovane età pensiamo che potremo essere felici quando non dovremo più rendere conto ai nostri genitori, poi quando avremo trovato lavoro, poi quando diventeremo economicamente indipendenti, poi quando ci sposeremo, poi quando avremo dei figli, poi quando i figli saranno più grandi e noi più liberi, poi quando i figli avranno completato il programma di studi, avranno trovato un buon lavoro e il partner giusto per loro, poi quando avremo finito di pagare il mutuo, poi quando andremo in pensione e potremo finalmente riposarci, poi quando guariremo dai nostri problemi di salute, o quando guariranno le persone a noi care... Così la vita passa, diventiamo vecchi e, a volte, dobbiamo arrivare in punto di morte per renderci conto che non ci siamo mai goduti la vita. 

La consapevolezza con cui sostituire la convinzione che la felicità dipenda dalle circostanze esterne, e che sia possibile solo quando queste ultime sono favorevoli, è che Il solo tempo che ha valore è quello in cui siamo felici, e che possiamo essere felici solo nel presente. E cioè che:La felicità è una scelta: scelgo di essere felice ora.

LA QUINTA CONVINZIONE LIMITANTE


Forse non ci siamo accorti di essere perennemente in guerra con la vita, ma quando ci lamentiamo che le cose non vanno come vorremmo, che quel determinato problema ci logora, che quella situazione ci esaspera, che quella persona dovrebbe avere un atteggiamento diverso, che quel lato del carattere del nostro partner proprio non lo sopportiamo, che noi per primi non siamo come vorremmo essere, significa che non siamo affatto in pace con la vita, né tantomeno con noi stessi. E che siamo schiavi della quinta convinzione limitante di base, crediamo cioè che...

 

Le cose dovrebbero andare diversamente

Quando la vita sembra chiuderci alcune porte, in realtà ce ne sta aprendo altre e dobbiamo saperle vedere. Ma potremo vederle solo se smetteremo di rifiutare ciò che accade. 

Spesso, voltandoci indietro e guardando il nostro passato, ci rendiamo conto che quelle che un tempo avevamo considerato disgrazie si sono poi rivelate delle vere benedizioni. Non raggiungere qualcosa può costituire la base del nostro successo futuro. La nostra visione è per sua natura limitata, e non abbiamo la possibilità di vedere l’intero disegno della nostra vita se non quando siamo ormai vecchi. 

Dobbiamo imparare ad accogliere tutte le esperienze allo stesso modo, come parte integrante del nostro cammino, tutte ugualmente preziose, senza negarne alcune o esaltarne altre. Dobbiamo lasciare che una sincera apertura di cuore verso ciò che la vita ci propone prenda il posto della nostra usuale tendenza a opporre resistenza, a desiderare qualcosa di diverso. Se sapremo abbracciare senza riserve il presente così com’è, forse ci diventerà chiaro che tutto è, è sempre stato e sempre sarà, come deve essere. 

Esiste una variante di questa convinzione ancora più limitante, ed è quella formulata al passato.

 

Le cose sarebbero dovute andare diversamente

Non è sano soffrire per ciò che è stato e non è più, dobbiamo imparare a voltar pagina, senza rimpianti o rimorsi. Non possiamo procedere serenamente se siamo costantemente focalizzati sul passato. In questo modo ci facciamo sfuggire le nuove opportunità che la vita ci offre, non le vediamo neppure. Aver fiducia, mantenere un’attitudine attenta e ricettiva, ci permette invece di scorgere queste opportunità e coglierle al volo quando si presentano. 

Per poter essere felici dobbiamo amare il qui e ora così com’è. Amare il qui e ora così com’è significa accogliere i cambiamenti senza disperazione o senso di impotenza, ma con flessibilità e fiducia. In alcuni casi questi cambiamenti possono essere anche molto dolorosi, ma più resistenza faremo, più il nostro dolore sarà persistente e inconsolabile. Qualsiasi cambiamento è una svolta che ci indica che è giunto il momento di impegnare le nostre energie in una nuova direzione. 

La consapevolezza con cui sostituire la convinzione che le cose dovrebbero andare diversamente, o che sarebbero dovute andare diversamente, è: Le cose vanno come devono andare, so essere flessibile.